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JELUTONG: Memoria vivente della foresta pluviale

Jelutong (Dyera costulata)

Tra gli alberi monumentali che abitano le foreste pluviali del Sud-est asiatico, il Jelutong (Dyera costulata) occupa un posto speciale. Non solo per le sue dimensioni imponenti ma anche per la storia, le curiosità e gli usi che lo circondano. Appartenente alla famiglia delle Apocynaceae, la stessa che comprende oleandri e frangipani, questo albero ha legato la propria esistenza con quella delle comunità locali e persino con quella dell’industria globale.

Jelutong (Dyera costulata)

Cresce in Malesia, Sumatra, Borneo e nella Thailandia meridionale, nelle foreste pluviali di pianura dove l’umidità è costante, la vegetazione lussureggiante e il suolo fertile. L’ambiente ideale sono le foreste sempreverdi a bassa quota, ai margini di zone paludose, dove la biodiversità è tra le più ricche al mondo. Qui, il Jelutong si erge come una presenza maestosa, con tronchi che possono raggiungere i trenta metri senza interruzioni. L’altezza complessiva può invece toccare i sessanta e, a volte, addirittura gli ottanta metri. Il diametro non è da meno, due o tre metri nei soggetti maturi: dimensioni tali da fare di questo albero un autentico gigante della giungla.

Osservandolo da vicino, il Jelutong rivela una bellezza meno appariscente ma ugualmente affascinante. Le foglie sempreverdi, raccolte in verticilli ordinati, hanno forma ellittica e margini finemente crenulati. Nei periodi di crescita i nuovi getti assumono una tonalità rossastra, donando alla chioma una sfumatura elegante. I piccoli fiori tubolari, bianchi o giallastri, sbocciano di sera e attirano impollinatori notturni. Mentre i frutti, coppie di follicoli legnosi lunghi fino a quaranta centimetri, custodiscono semi alati che si disperdono con il vento. Il tratto più caratteristico è però la presenza di un abbondante lattice bianco che scorre nei tessuti, un fluido che ha segnato la fortuna e al tempo stesso la vulnerabilità di questa specie.

Tra gli anni Venti e Sessanta del Novecento, il lattice di Jelutong divenne infatti una materia prima preziosa per la produzione di chewing gum, tanto da sostituire in parte il celebre chicle, resina naturale proveniente dall’America centrale. Milioni di persone, senza saperlo, hanno masticato il frutto delle foreste asiatiche, contribuendo a una domanda che portò però al sovrasfruttamento dell’albero.

Oggi questa pratica è cessata, sostituita da gomme sintetiche, ma la memoria di quel periodo resta impressa nella storia economica della regione.

Non meno importante è il legno del Jelutong (Dyera costulata), apprezzato per la sua leggerezza, la venatura diritta e la tessitura fine. Dal punto di vista tecnico è un legno duro, anche se la sua densità – circa 450 kg per metro cubo – lo rende facile da lavorare. Non sorprende quindi che sia molto ricercato dai modellisti, dagli artigiani e da chi realizza stampi o prototipi. Si incolla, si leviga e si rifinisce con estrema facilità, mantenendo al contempo una buona stabilità dimensionale. Tuttavia, non è un legno destinato a durare: all’esterno si degrada rapidamente, è vulnerabile a funghi e insetti, e richiede trattamenti protettivi se usato al di fuori di ambienti interni. Curiosamente, anche le radici del Jelutong hanno trovato impieghi pratici, usate talvolta come sostituto del sughero.

C’è però un lato meno noto e più delicato legato a questo legno: la segatura può provocare dermatiti allergiche da contatto in chi lo lavora senza adeguate protezioni. Nonostante ciò, con le giuste precauzioni rimane una risorsa preziosa, capace di coniugare leggerezza e versatilità.

Dal punto di vista della conservazione, la storia del Jelutong è complessa. L’eccessivo sfruttamento passato lo ha reso raro in alcune aree, tanto che oggi è protetto in parte della Malesia e della Thailandia. A livello globale, secondo la Lista Rossa IUCN, non è considerato a rischio immediato di estinzione, ma la perdita di habitat e il taglio eccessivo restano minacce concrete. In Singapore, alcuni esemplari monumentali sono stati riconosciuti come “Heritage Trees”, simboli viventi della necessità di preservare le grandi specie forestali.

Il Jelutong (Dyera costulata), dunque, non è soltanto un albero da record, ma una testimonianza silenziosa di come natura e società siano profondamente intrecciate. Dalla gomma da masticare che un tempo faceva il giro del mondo fino alle mani pazienti degli artigiani che lo trasformano in modelli e sculture, questo gigante tropicale continua a raccontare storie di adattamento, ingegno e fragilità. La sua vicenda ci ricorda che ogni albero racchiude più di un semplice valore economico: custodisce memoria, cultura e un pezzo di quel grande equilibrio che tiene in vita le foreste e, con esse, anche noi.

Se vuoi conoscere altre specie di albero: visita l’Enciclopedia del Legno di Brini Legnami qui.

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